Una personale conclusione sul cristianesimo

*La figura di Gesù Cristo Signore:

Abbiamo rilevato che la figura di Gesù Cristo Signore non è storica, ma è storica quella di J(Y)ehoshua Meshiah maran.

La tradizione aramaica tramanda la figura umana di Jehoshua Barnasha, quella ellenistica la figura umano-divina di Iesous Khristos Kurios.

Le due figure indicano un solo uomo, ma viste in modo diverso: in senso antiromano la prima e in senso filoromano la seconda;

Esse vengono lette secondo sistemi opposti, espressioni di due diverse culture: agricola, quella aramaica; commerciale e trapezitaria, quella ellenistica;

Jehoshua Meshiah Maran è effettivo personaggio storico, figlio di Josip (Gesù figlio dell’uomo- Barnasha), nato il 7 a.C. e morto nel 36 d.C. crocifisso, celebrato dalla toledot (storia giudaica), come eroe nazionale;

Egli fu qain (architetto) e qanaah (zelota), e maran (re) dal 32 al 36, e realizzò per breve tempo il sogno del Malkuth ha shemaim (il Regno dei cieli), come mashiah (messia);
Jesous Christos Kurios, invece, è un nome dato allo stesso personaggio in traduzione greca, da Shaul di Tarso, giudeo della tribù di Beniamino, noto come Paulus, artigiano ed emporos, ellenista, civis romanus, fariseo, discepolo di Gamaliel, abile nella interpretazione allegorica.

Questi fonde cultura giudaica con il pensiero del medio-platonismo e con la cultura isiaca, creando il Regno di Dio, fondato sulla figura mitizzata di Gesù Cristo Signore, figlio di Dio, risorto dai morti.

*Il Malkuth ha shemaim il regno dei cieli (il greco H basileia ton ouranon) e H Basileia tou Theou (Il regno di Dio): abbiamo rilevato che il primo non è il secondo e lo abbiamo nettamente distinto.

Precisiamo che I due sintagmi sono espressione di due fasi storiche diverse: la prima ha come protagonista Jehoshua Barnasha e poi suo fratello Jakobos (morto nel 62) che nell’attesa del ritorno del fratello, come capo della comunità di Gerusalemme, prepara i fratelli con la preghiera, la penitenza e con l’esercizio militare, a seguito dell’interpretazione essenica della scrittura, alla guerra, e convinto della vittoria sui romani, coinvolge i discepoli che, dopo la sua morte, vanno alla guerra antiromana (66-73 d.C.), che termina con la sconfitta ebraica e con la distruzione del Tempio;

Precisiamo che la seconda ha come protagonista Paulus che inventa un altro Gesù, sulla base della figura storica di Jehoshua antiromano trasformata in un filoromano, servo di due padroni (Dio e i romani), teorico di un Regno celeste e di una cultura sincretistica romano-ellenistico-giudaica;

Paulus è un eretico giudaico che conia (insieme a Barnaba) nel 43 d.C., il termine Christianos (cristiano) e come tale è punito varie volte da Jakobos anche con la pena di morte.

Il suo pensiero si afferma dopo il 70 d.C., dopo la sconfitta, con gli evangelisti (Marco e soprattutto Luca) sulla base di un antico testo di memorie di Matteo, il pubblicano, che aveva stenografato (avrebbe potuto scrivere con velocità in quanto tachigrafo) i logia del Signore (kurios), cioè di Gesù, che aveva potere di maran (re di nomina partica) e, quindi, le prescrizioni, le parole ordinate, gli slogans, i mandata di un re;

Il pensiero cristiano è confuso per tutto il I secolo fino ai primi anni del regno di Traiano (98-117) con la cultura giudaica in quanto ha in comune gli stessi riti e le stesse usanze di stampo, però, ellenistico, di lingua greca, non palestinese e partico, di lingua aramaica, da cui è nettamente separato.

* Jehoshua fu qain, (tecton) una specie di architetto, qanaahMaran, mashiah:

Abbiamo rilevato che Gesù fu qain, tecton, architetto, non un semplice falegname.
Precisiamo, dunque, che il termine qain evidenzia una classe sociale che in greco designa i tectones cioè uomini abili a progettare e realizzare lavori di costruzione sia come carpentieri che come muratori, considerati moltissimo dopo le classi privilegiate sacerdotali, superiori a tutti gli altri tecnitai, richiesti nel periodo romano ellenistico, data la mole di costruzioni e la ricerca di nuove tecniche; aggiungiamo, per meglio far comprendere il termine, che i qeniti erano una corporazione che, guidata da un capo, operava costruendo città, monumenti regali, sia come sepolcri che come fortezze, sinagoghe e che costituivano gruppi anche molto numerosi, (fino a 18.000 elementi) acquartierati con le famiglie nelle periferie delle città dove lavoravano;

Abbiamo rilevato che Gesù fu qanaah

Precisiamo che qanaah corrispondente a zelotes e a sicarius aveva valore di partigiano che combatteva contro i romani secondo lo schema di una guerriglia montana e desertica o urbana, determinata da santoni (esseni) e da asceti come Giovanni il Battista, che battezzavano, secondo un rito iniziatico penitenziale e militaristico; aggiungiamo che il termine lhsths, equivoco, spesso contraddistingueva e connotava il giudeo aramaico antiromano:

Jehoshua, in quanto discepolo di Giovanni e in quanto battezzato, avendo fatto il suo corso formativo di penitente e di combattente, e non poteva non essere qanaah;

Abbiamo rilevato che Gesù fu Maran

Precisiamo che Maran vale re (Basileus, melek). Ora il titolo di re in una regione dell’area dominata dall’imperium romano poteva essere dato solo da Roma: indebita era l’acclamazione popolare o l’ingerenza di un altro monarca (come Artabano III, re dei re dell’impero partho) che con l’elezione regale compiva un atto di rivoluzione (stasis, novitas) o compiva un’invasione e quindi doveva attendersi la punizione da parte del senato e dell’imperatore che governavano l’impero. Aggiungiamo che la Giudea, Samaria ed Idumea, unitariamente governate come Iudaea, avevano un governo retto dal procuratore romano, che dipendeva dal governatore di Siria, responsabile di tutto il settore orientale.

* Gesù e il suo regno effettivo (collocato tra la Pasqua del 32 e la Pasqua del 36)

Noi abbiamo rilevato che

egli fu proclamato re dal popolo, dopo la morte di Seiano (18 ottobre 31) e dopo la successiva esautorazione di quasi tutti gli amministratori dell’area orientale, specie siriana, bollati come seianei (Pilato, procuratore di Giudea, Erode Antipa re di Galilea e Perea, Pomponio Flacco governatore di Siria, incaricato di  mantenere l’ordine militare lungo il confine eufrasico).

E perciò abbiamo dedotto ed evinto che

il regno si poté forse costituire, a seguito di una serie di trattati locali con Izate di Adiabene, con Artabano III, re dei parthi e con Areta IV re dei nabatei, grazie anche a ricompattamenti ideologici tra i giudei di Mesopotamia e quelli dell’impero romano (sia palestinesi che ellenistici della cosiddetta diaspora), oltre che con i samaritani;
Il regno di Jehoshua durò quasi cinque anni, dopo la conquista del tempio, avvenuta con spargimento di sangue, per la presenza della guarnigione romana sulla torre Antonia, sovrastante il tempio e data l’importanza finanziaria del tempio, difeso da sadducei e dalle loro guardie;

Il regno dovette essere tranquillo, dopo la conquista avvenuta mediante resa delle singole città, che accoglievano i delegati galilaici, inviati a chiedere l’adesione mediante la formula persiana erodotea (acqua e sale cambiata in acqua e pane: fu purificato il tempio, si celebrò la pasqua essenica col nuovo calendario solare di 364 giorni, fu giurato il nuovo patto di alleanza con Dio del popolo, come quello di Nehemia;
Per quasi quattro anni lo stato non ebbe pericoli esterni poiché era connesso con la federazione partha e poiché Tiberio si disinteressava della questione orientale, intento a debellare i suoi nemici interni, seguaci di Seiano e ad organizzare la propria successione;
Il regno di Jehoshua dovette finire con la spedizione di L. Vitellio, nominato proconsole, dopo E. Lamia (che non era mai partito), ed incaricato di ripristinare l’ordine nella provincia di Siria con un mandato antiparthico  ed antinabateo;
Vitellio, costretto Artabano a difendere i suoi stessi confini con un’abile manovra militare e politica, pressate e costrette le popolazioni scitiche ed iberiche all’invasione del territorio partico, su ordine di Tiberio, concede la tregua al re dei re che, visto il suo territorio occupato ed invaso, chiede un accordo e un trattato, stipulato a Zeugma sull’Eufrate, prima della Pasqua del 36;

Partecipa a questo trattato anche Erode Antipa, al seguito di Vitellio, che tratta con Artabano, che rinuncia ai territori transeufrasici, dà ostaggi (il figlio Dario e un gigante giudaico di nome Lazar) come garanzia di pace;

La clausola di non interferenza nell’orbita romana, voluta dai romani, fu una condanna a morte per il maran Jehoshua, abbandonato al suo destino e per lo stesso Areta IV, rimasto solo oppositore alla romanitas;

Il caso di Jehoshua diventò una questione interna al mondo romano e quindi Vitellio, dopo aver dato l’ultimatum alla città di Gerusalemme assediata, ricevette dai sadducei e dai farisei, che fecero prigioniero il ribelle messia, che venne fatto crocifiggere: la città fu salva, si ripristinò l’ordine romano, si purificò il tempio e si celebrò la Pasqua sadducea tra il tripudio popolare, alla presenza del governatore.

il tradimento di Giuda è un equivoco, dovuto al termine tradere consegnare in latino (la negatività del termine traditor comincia in epoca severiana quando alcuni vescovi e fedeli consegnarono ai magistrati i segni sacri del cristianesimo e quindi tradirono facendo apostasia).

Nel caso della consegna di Cristo ad opera di Giuda a Vitellio e a Pilato si tratta di una procedura, a seguito di una richiesta espressa del proconsole romano, che comporta, dopo la resa della città, come ultimo atto di un sinedrio dimissionario, il mandato di dare il reo di crimen ai romani (il termine prodotes greco non aveva allora nessun rapporto con traditor latino, che aveva valore di uomo che consegna, come nel corrispondente aramaico, dove è marcata la funzione di intermediario-mediatore-ambasciatore in una trattativa).

In occidente, dunque, sotto i Severi si indica Giuda Iscariota col termine traditor bollandolo per l’eternità, con l’aggiunta probabile dell’episodio dei trenta denari e della morte;

Giuda Iscariota in quell’epoca divenne il simbolo del tradimento, quando invece l’uomo (ish) di Kerioth ebbe l’incarico dal sinedrio (e forse dallo stesso Messia) di consegnare il deposto maran ai romani che assediavano la città (non si poteva ripetere l’errore del saccheggio di Gerusalemme del 38 av. C., dopo la morte di Antigono, compiuto dai romani, contro la volontà stessa di Erode!)

Abbiamo mostrato, inoltre, che di Vitellio si conoscono due entrate in Gerusalemme ambedue festose: la prima dopo la resa della città quando viene ucciso Gesù e la seconda dopo la guerra iniziata contro Areta IV, interrotta per la morte di Tiberio: la nuova entrata in Gerusalemme coincide col giuramento di fedeltà fatto dalla città al nuovo imperatore Gaio Caligola, che per primo fu acclamato proprio dai Giudei nella Pasqua del 37.

E abbiamo rilevato che Vitellio, tornato a Roma con Pilato, destituito, divenne un cortigiano, e creò il modello di cortigiania orientale a Roma, facendo prima il confidente di Caligola e poi di Claudio, con cui fu anche console e da cui ebbe la reggenza imperiale nel periodo della spedizione britannica;

*La Iudaea e la nuova sistemazione:

Abbiamo rilevato che

– viene eletto nel periodo di Gaio Caligola Giulio Erode Agrippa, re legittimo di Iturea, Traconitide e Gaulanitide e poi di Perea e Galilea (dopo il processo di Erode Antipa, esiliato con la moglie Erodiade dall’imperatore), mentre veniva conservata la prefettura in Giudea, Samaria ed Idumea sotto Marcello, comandante militare con poteri eccezionali;

– viene eletto dal 41 lo stesso Giulio Erode Agrippa, dopo la morte di Caligola, re di tutta la Giudea comprendente, tutto l’ex regno di Erode il grande, suo nonno: Claudio in un certo senso premia il giudaismo filoromano, dando un re federato con Roma stessa, cambiando la costituzione, accogliendo implicitamente le richieste del popolo che aspirava al Malkuth, con la speranza di placare la sua antiromanità dopo aver ripristinato gli antichi statuti ebraici ad Alessandria e in tutto l’impero.

La nuova costituzione ebbe vigore fino al 44, anno della morte di Erode Agrippa: Claudio decise una nuova forma ritornando all’antico, con una sottoprefettura, a seguito dei torbidi eventi avvenuti alla morte del suo amico erodiano, convinto della necessità della presenza militare romana in una zona non ancora pacificata.

*la figura di Giulio Erode Agrippa figlio di Berenice e di Aristobulo, terapeuon di Tiberio il giovane e poi turannodidaskalos, insieme ad Antioco di Commagene, di Caio Caligola, probabilmente filosofo scettico (cfr Scetticismo e tecnicismo nel primo secolo), amico personale di Claudio e suo elettore nei giorni subito dopo l’uccisione di Caligola, grande re giudaico;

Abbiamo fatto su Giulio Erode Agrippa molti lavori ed abbiamo concluso che, come scettico, è ancora tutto da scoprire.

Di lui sono stati visti i rapporti prima con Tiberio, poi con Caligola, poi con Claudio, ma si sono ricostruiti anche i contesti galilaici e giudaici, nel corso della sua vita da civis, privato, come marito di Cipro, sua parente sempre di linea erodiana e come agoranomos a Tiberiade e come emporos fallito ad Antedone.
– di lui si è colta l’ambiguità specie negli ultimi atti di Gaio Caligola con un sotteso tradimento, all’atto della congiura di Cassio Cherea.

* La Ioudaea dal 44 al 66

Abbiamo rilevato che la Ioudaea è una polveriera e che la guerriglia nell’area giudaica dopo la nuova costituzione, si amplificò specie sotto la prefettura di Tiberio Alessandro, un giudeo alessandrino, figlio di Alessandro Lisimaco, alabarca di Egitto e poi di Felice, fratello di Pallante.

Abbiamo esaminato la figura di Jakob e la sua antiromanità ed abbiamo dedotto che questa figura (come anche quella di Jehoshua) debba essere chiarita in senso patriottico e nazionalistico eliminando le incrostazioni religiose (i termini rechabita e nazireogiusto ed oblias devono avere una nuova connotazione in senso religioso militaristico, senza le sovrastrutture date dalla lettura secondo gli eretici del Regno di Dio) e messa in relazione con i sicari, nel periodo di Felice;

– abbiamo mostrato che la guerriglia durò fino alla presa di Gerusalemme nel 70, riprese subito dopo e fu attiva anche nel 115-16 in epoca traianea, durando ancora fino alla impresa di Bar Kokba (134-5) in epoca adrianea;

* Dio-logos, come conquista della cultura giudaico-ellenistica, presente in Aristobulo e Filone Alessandrino

Abbiamo rilevato che Dio-logos esprime la funzione creatrice divina, distinta da Dio padre. Il logos filoniano è conosciuto da Paulus, che lo amplia e giunge a mostrare in senso classico da una parte il macroskosmos universale e da un’altra il mikrokosmos umano fino a fondere tutti i partecipi del kosmos in un unico corpo dei credenti in Cristo che, redenti dal suo sangue, aspirano al regno di Dio, in un mistico abbandono e in una tensione all’unione col proprio creatore.

Il logos = Christos è in Giustino, intorno alla seconda metà del II secolo sotto Antonino il Pio, in relazione al corpo civile romano considerato vivificato da Christos logos, soter che affratella gli uomini e li libera dal peccato per una dimostrazione di Cristo utile: Christos chrestos (paronomasia), indica l’utilità del cristianesimo, in un contesto puramente gnostico, dominato da Valentino, in cui si fondono sincretisticamente pitagorismo platonismo, aristotelismo e stoicismo (cfr Alessandro di Afrodisia, Il destino a cura C. Natali, Rusconi, 1996);

Abbiamo rilevato che da qui deriva tutto il processo che porterà alla Trinità e alla divinizzazione di Jesous Christos Kurios, Logos distinto da Pneuma agion, nel concilio di Nicea (325) e poi in quella di Costantinopoli (380) in quanto omoousios (soggetto della stessa sostanza) del Padre.

*La persecuzione neroniana

Abbiamo rilevato che la persecuzione neroniana è un falso sulla base di errate interpretazioni di Svetonio e di Tacito: Nerone aveva vaga conoscenza dell’eresia cristiana mentre ben conosceva il giudaismo che a corte era rappresentato da sua moglie Poppea (che accolse Giuseppe Flavio e favorì la sua ambasceria richiedente la liberazione dei tre saggi giudei, precedentemente imprigionati) e da altri elementi filogiudaici: per lui i cristiani erano solo una minoranza confusa con i giudei, di nessun rilievo, incalcolabili ed irrilevanti come numero (sebbene forse riconoscibili ed individuabili per il loro rigore religioso e il loro culto nuovo rispetto ai già rigorosi giudei tradizionalisti ellenisti), usati come scaricabarile nell’incendio di Roma, a lui addebitato dal popolo (cfr Tacito Ann.XVI, 38,2; 40,1; Svetonio, Nerone, 38 ;Dione Cassio, St. LXII,16-18 -Dei 14 quartieri romani solo 4 rimasero intatti dopo l’incendio durato forse sei giorni e sette notti).

-non esiste alcun atto né decreto né rescritto persecutorio neroniano: l’antefatto a cui si riferiscono apologisti ed Eusebio non ha una base storica; il crimen di Jehoshua di una regalità usurpata era già condanna implicita per i seguaci di uno crocifisso: l’accusa ad un corpuscolo di giudeo-cristiani non avrebbe sciolto l’imperatore dal crimen dell’incendio: invece l’accusa a tutti i giudei romani è plausibile, dato il numero di circa 50000 e considerati i rapporti con il giudaismo palestinese, dominato da Jakob, allora già in subbuglio e in agitazione, per i rapporti con l’Adiabene e con le regioni transeufrasiche, contro le legioni romane (cfr. azione militare di Corbulone cfr. Tacito, Ann. XIII 8,3 e 35; 9, 2-3, XV 3,1 6,1 -2, 10; 16,3, 26,3; Plinio, Nat. Hist.  II,180; V. 83; VI,23 e 39; Dione Cassio. St. Rom. LXII,19, 22-23).

– Abbiamo inoltre mostrato che le persecuzioni del I e II secolo (flavie ed antonine) sono un falso: si tratta solo di ius coercitionis per elementi che non sono patriottici e buoni cives, fautori di una religio insana, giudaica in genere, i cui vertici episcopali (dioiketai, ricchi ammnistratori locali) sono puniti più da amministratori periferici sobillati da masse pagane inferocite a seguito di cataclismi o di guerre, a causa del loro magistero troppo integralista e della loro non partecipazione alla vita cittadina (specie il rifiuto di assunzione della litourgeia degli episkopoi e di arruolamento militare tra gli elementi delle comunità, che oltre tutto versano in floride condizioni finanziarie ed economiche): i pochi capi condannati a morte (Policarpo, Ignazio, Giustino, Ireneo), non autorizzano accuse di persecuzione all’impero romano.

La lettera di Traiano a Plinio in risposta alla lettera dello scrittore del 112 e il rescritto di Adriano sono manifesti segni non di una persecuzione in un’area ben precisa orientale, ma di un tentativo di richiamare con forza alla moderazione chi è ostinato nella pertinace azione di opposizione all’impero e alle sue leggi convinto di appartenere ad un altro regno, seppure celeste, a cui anela rientrare il più presto.

– I più accaniti agitatori religiosi e i più fanatici, in numero sempre molto ristretto, vengono massacrati non per ordine di funzionari statali ma dalla plebe, che arbitrariamente fa giustizia sommaria, contro lo stesso ordine imperiale: rari sono i casi di giudizi di legati imperiali, che impongono la legge ad uomini gerarchicamente influenti sul numero di cristiani, ancora esiguo (la persecuzione contro i giudei in epoca antonina è ben altra cosa, in quanto presenta stermini di massa ed una volontà imperiale di estirpare chirurgicamente dal proprio grembo il cancro giudaico): le relazioni lettere delle Comunità di Lione e di Vienne (cfr Eusebio St. Eccles. 5,1,1) la Passio di Perpetua e Felicita (6.1) il Martyrium di Policarpo (Eusebio, ibidem (8,3; 9,1) e specie i martiri scillitani, non presentano segni di persecuzione ma evidenziano solo indagini sfuggite al controllo del magistrato.

– la concessione della cittadinanza a tutti i cives dell’impero nel 212 ad opera di Caracalla evidenzia la realtà delle comunità cristiane e il numero dei partecipanti e quindi c’è una nuova fiscalizzazione civile per le comunità (in cui solo i vertici pagavano le tasse, mentre gli altri erano privi di diritti in quanto assistiti ), ora costrette a stilare liste e a produrre la status individuale di ogni elemento vivente comunitariamente.
– Tutte le persecuzioni si riducono ad una vera persecuzione sotto Decio (un editto, di cui non c’è traccia) e sotto Valeriano (due editti nel 253 e 258), in cui si ha un decreto con uno spietato tentativo di estirpazione del cristianesimo, concepito come mala pianta a causa di una insubordinazione militare di uomini forzatamente arruolati, considerati renitenti pacifisti e disfattisti di fronte al nemico persiano, e per di più, assertori di una civitas ultraterrena, a cui aspirano ricongiungersi con la morte, tramite il martirio: il sistema razionale proprio del logos ellenistico condanna il muthos cristiano e bolla come integralisti e sovversivi i cristiani, un ethnos di origine giudaica, connessa d’altra parte in vario modo e forme diverse con oltre un milione di confratelli dell’area mesopotamica, della stessa lingua, pur scissa nei credi.

– le persecuzioni sono dettate da un’esigenza difensiva interna antibarbarica e da una volontà di ripristinare il credo pagano arcaico secondo una logica repubblicana per una maggiore coesione di tutti i cives, che devono partecipare attivamente alla difesa dello stato, alla costruzione di un kosmos che andava affrontando crisi economiche e sociali, come risulta da Porfirio (quindici libri contro i cristiani Cfr . Porfirio Storia della Filosofia a cura di A.R. Sodano, Rusconi 1997 e Vangelo di un Pagano, a cura di A. R. Sodano, Rusconi 1993) che, pur essendo amico di Gallieno (260-268), espresse tolleranza, desiderando coesione nell’impero, riconosciuta da Eusebio (St. Eccl.7,13).

– le persecuzioni sono un tentativo di ricompattare religiosamente in un unico credo sincretistico i fedeli di tante religioni e di punire quelli che non si integrano nel sistema unitario, desiderosi di una loro autonomia in una coscienza di singolarità e di tipicità fideistica, specie quella genericamente cristiana, suddivisa in 128 eresie (80 0 88).

– La persecuzione di Diocleziano rientra nel quadro riformistico dell’impero: la restaurazione dell’impero a cominciare dalla nuova costituzione della tetrarchia si basa sulla sacralità della persona dell’imperator, che assume una nomenclatura divina, sulla nuova amministrazione con ripartizioni territoriali e divisioni del potere politico da quello civile, sul riordino della finanza e del sistema fiscale, in una opposizione ai dioiketa cristiani, episcopoi di ricche diocesi, indipendenti ed autarchici in senso economico e finanziario. Di conseguenza la ristrutturazione dando compattezza all’apparato pagano si scontra con l’ideologia cristiana proprio per una maggiore rigidità di riti e forme cultuali pagane, riportate in auge e fissate secondo perfino un nuovo calendario.

– La persecuzione iniziale era contro una eresia cristiana, il manicheismo, allignato in Africa e in Egitto (La data dell’editto coincide con la vittoria di Galerio sui persiani- Cfr Lattanzio, Ist. Div. V,3,4-ss, dove si parla di Sossiano Ierocle, governatore di Celesiria e di Palmira e poi di Bitinia, che tratta di Cristo capo ladrone e di un confronto tra Cristo ed Apollonio di Tiana ed infine della superiorità morale pagana, sulla base di un unico Dio creatore e padre di tutti i viventi e di dei a lui asserviti);

– L’imperatore nel 297 proclama che è grande crimine variare ciò che gli antenati hanno definito (cfr Lex dei sive mosaicarum et romanum legum collatio tit.XV);

– Più tardi Diocleziano convinto che il cristianesimo fosse di ostacolo alle sue riforme fa una serie di editti che si succedono rapidamente, fatti a seconda delle zone imperiali (4 per l’esattezza, dal 303 al 304) e proibisce il culto cristiano, indice il sequestro dei libri e oggetti sacri, fa distruggere gli edifici sacri, impedisce azioni giuridiche ai cristiani e confisca i beni, imprigiona il clero e, dopo la tortura, manda a morte chi persiste nella fede ed infine obbliga tutti a dare una prova di  fedeltà all’imperatore col far sacrificio agli dei, estendendo a tutto l’impero i suoi decreti;

Questi ebbero vario valore in Occidente ma ebbero potere fino al 311 in Oriente (Massimino lo ribadì nel 306).

* l’editto di Licinio 312 e poi quello di Costantino:

Abbiamo rilevato che con questi due editti finisce la persecuzione e si instaura un nuovo corso con il Cristianesimo, considerata religio licita e quindi l’impero di Costantino cristiano, che ingloba le ricche e potenti ecclesiai con i loro beni liquidi, dando in cambio parte del patrimonio pagano sacerdotale e potere politico agli episcopo nelle poleis dopo aver riconosciuto i titoli di gerarchia cristiana, equiparati a quelli amministrativi dei funzionari statali, e quindi stipendiati.

– abbiamo mostrato che questa ultima fase si basa sulla lettura dell’opera di Eusebio e di Gregorio di Nazianzo (di Basilio e di Gregorio di Nissa) sui testi sia del Concilio di Nicea che quello di Costantinopoli. oltre che su quelli di Gerolamo.

– abbiamo fatto un punto situazionale sull’arianesimo e le correnti religiose dell’epoca circa la divinità o umanità di Gesù.

La lotta antiariana e i concili di Nicea e di Costantinopoli sono i nuclei di uno studio cristologico e trinitario

NB.

In sostanza il Lavoro del Filipponi, storico, tende a mostrare le risultanze del Regno dei Cieli ancora giudaico, nazionalistico, e a circoscrivere il significato originario del sintagma vigente nell’epoca giulio-claudia, proprio di una comunità, popolare e medio sacerdotale, desiderosa di riappropriarsi della terra dei padri, sacra, divina, usurpata dai romani.

In relazione a tale studio è venuto l’altro studio sul Regno di Dio, considerato frutto proprio di un mistico e di altri giudei, mitici, irrazionalmente tesi a leggere la storia giudaica farisaicamente, mediante interpretazione allegorica, dopo la fine del tempio e la sconfitta militare del 70 e specie dopo la Galuth adrianea.

Angelo Filipponi

Angelo Filipponi

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