Arnobio, retore africano e autore, alla fine del IV secolo del libello “Contro i pagani”, si interessò in maniera particolare degli istinti sessuali ed era ossessionato dal coito orale che classificava tra i più infami e peccaminosi. Costruì nella sua fantasia morbosa una teoria bizzarra, in quanto temeva che il bocchino interferisse con la dottrina cristiana: nel Vangelo il Cristo si rivela attraverso il Logos, cioè il verbo divino, e le parole vengono dalla bocca.
Arnobio quindi, temeva che la fellatio potesse essere fatta passare ai cristiani come un atto simbolico dell’assunzione del verbo. I “Penitenziali” erano manuali che regolavano le penitenze da infliggere ai peccatori. Il vescovo Egberto, nel 729, si cimentò nell’elencazione minuziosa dei peccati sessuali, prescrivendo per ognuno la pena che il confessore doveva comminare. In caso di coito orale il vescovo è drastico: la fellatio è il peggiore dei peccati quindi il digiuno deve essere perpetuo. Severità che verrà mantenuta a lungo dalla chiesa. Il francescano Cherubino da Siena, nelle “Regole della vita matrimoniale” diffuse nel ‘400, annovera coito orale, sodomizzazione e coitus interruptus quali perversioni gravi con cui si intende sfuggire alla procreazione.
S.Ambrogio identificava l’uomo con la ragione, mentre la femmina con la sensualità e il desiderio materiale. Per San Tommaso la colpa più grave era il vizio contro natura, seguito da incesto, ratto di una moglie, adulterio, rapimento di una vergine e infine lo stupro, che precedeva solo la fornicazione semplice. Secondo Burcardo, vescovo di Worms, la violenza a una donna comportava soltanto una penitenza di dieci giorni a pane e acqua.
Ivano Rho