Fin dalle prime osservazioni la nostra esperienza della fenomenologia religiosa, soprattutto cristiana – ma che può essere allargata per traslazione all’intera esperienza religiosa dell’uomo – ci portava a ritenere la visione religiosa del mondo derivante da primordiali necessità di interpretazione dei fenomeni naturali. Interpretazioni che fatte qualche migliaio di anni fa non potevano che essere acritiche e immaginifiche e di conseguenza portare ad attribuire ad esseri deificati (evemerismo) tutti gli accadimenti naturali altrimenti inspiegabili.
Ad un certo punto di questo percorso di ricerca vi fu però un’importante svolta che pose le basi per un impegno quasi morale nell’affermare le falsità che secondo noi potevano essere ravvisate nella più diffusa religione monoteista: il cristianesimo. Questa svolta avvenne quando a seguito di studi storici dovemmo constatare le esigue, se non inesistenti, conferme storiche dei fondamenti del cristianesimo, ovvero del suo fondatore, di quel figlio dell’uomo che avrebbe dovuto essere l’ipostasi, l’anello mancante tra Dio e l’uomo. La triste evidenza che tali conferme storiche si perdono in una imperscrutabile notte dei tempi, minate da più che giustificati sospetti di interpolazione delle poche testimonianze, che perlopiù diventano campo di battaglia per esegeti, ha confermato il nostro iniziale scetticismo nella religione cristiana. I romanzeschi e rocamboleschi ritrovamenti di antichi testi, poi occultati, poi tendenzialmente mistificati, screditati o utilizzati a proprio vantaggio, ci hanno delusi, di una delusione insanabile perché, per il nostro modo di vedere, la verità non dovrebbe temere altre verità, né tantomeno le bugie. Infine, duemila anni di condotta della Chiesa, del dispiegarsi del “Corpo di Cristo” nella Storia, ci hanno definitivamente persuasi della possibilità di un disegno intenzionale della religione con il precipuo obiettivo di essere un “Instrumentum regni”. E’ all’interno di questo scenario che nasce questo libro di critica alla fede religiosa e al cristianesimo in particolare. Uno scenario che è punto di arrivo, ma che non vuole essere definitivo, bensì spunto per ulteriori analisi e ricerche.
La raccolta delle citazioni qui presentata vuole dunque essere una sintesi delle nostre letture, delle nostre ricerche in ambito storico e filosofico e rappresenta le diverse anime del dissenso nei confronti della visione religiosa. Visione che in definitiva, come già accennato, consideriamo un desueto modo di rapportarsi con la realtà, che si contrappone in modo perfettamente antitetico all’approccio che prediligiamo che è quello di seguire l’unica strada secondo noi percorribile senza il rischio di perdersi, quella della ragione. Le diverse anime dell’ateismo con le quali ci imbatteremo mostrano un ricchissimo ventaglio di motivi di opposizione alle religioni. Vi si troverà dal più banale anticlericalismo per motivi politici alle più sottili argomentazioni filosofiche. Noi abbiamo voluto dare spazio a tutte queste anime per mostrare da quanti differenti punti di vista il fenomeno religioso può essere dibattuto e contestato. Va osservato a tale proposito che non sempre sposiamo interamente il pensiero espresso dall’autore.
Nel corso dei nostri approfondimenti su questi temi, la più persistente delle impressioni maturate riguarda proprio questo amplissimo ventaglio di motivazioni che nei diversi autori, nei diversi periodi storici, sottendono alle posizioni dell’ateismo. Posizioni talmente variegate che il termine stesso di ateismo diventa stretto e inadeguato. Per restare in tema di citazioni, ci viene in mente Noam Chomsky che alla domanda se crede o meno in dio, risponde che davvero non sa cosa possa significare una simile domanda. Essere atei significa essere senza dio, ma in un’accezione negativa, affibbiata dai credenti a coloro che non si riconoscono nelle loro credenze religiose per qualsivoglia motivo. Noi oggi vorremmo ribaltare questa posizione, perché riteniamo di non essere noi mancanti di qualche cosa, ma pensiamo che siano i credenti ad avere qualcosa di troppo: un ente di troppo per dirla con Guglielmo d’Ockham. Un ente, oltretutto, che non sono in grado di giustificare e che finisce per avere, al vaglio della ragione, valenza meramente metafisica. In virtù di queste considerazioni auspicheremmo la coniazione di un neologismo che con valenza positiva raccolga al suo interno tutti coloro che, non credenti in alcunché di religioso, semplicemente si pongano umilmente, ma con forza sotto la guida del lume della ragione.
Un’altra persistente impressione che talvolta ci è spiaciuto di aver dovuto sperimentare è allorquando le diverse anime dell’ateismo si ritrovino in contrasto fra di loro. Abbiamo dovuto constatare in alcuni casi che la distanza che separa differenti ateismi fra loro riesce ad essere maggiore di quella che separa taluni ateismi da posizioni religiose non trincerate all’interno della inespugnabile barriera della fede. In tal senso, e solo in certi casi alcune espressioni dell’ateismo possono dar luogo all’idea che anche l’ateismo possa essere una convinzione acritica, quanto non addirittura una “credenza”, una “religione”. Ed è questo un errore in cui bisogna evitare di incorrere: sostituire una credenza con un’altra credenza. Il superamento dell’istanza religiosa, della visione religiosa del mondo deve costituire un passo verso la consapevolezza che si sta abbandonando il senso dell’assoluto e della fede in esso, e che l’alternativa che ci aspetta è, come dice Diderot, un cammino in una “fitta foresta con il solo ausilio di una tremolante fiammella”. Noi però pensiamo che questo percorso sia oggi l’unico perseguibile, a meno che non si voglia camminare, con gli occhi bendati, mano nella mano di chi ci assicura di conoscere la strada, anche senza averla mai percorsa, sulla base di una fede che potrebbe essere malriposta. E riteniamo che questo percorso debba portare verso un maggior grado di maturità della nostra coscienza. Inoltre, non occorre mai dimenticare che, per quanto convinti delle nostre posizioni, la tolleranza e la reciproca accettazione delle differenti posizioni debbono rimanere sempre alla base di qualsiasi relazione. L’obiettivo che occorre perseguire dovrà semplicemente essere la conquista di uno spazio a-religioso e del rispetto di tale spazio da parte dei credenti. In questa prospettiva apparirà lampante che nessuna guerra dovrà essere portata contro la religione, bensì occorrerà lavorare a favore della costruzione del proprio spazio, e ancora più lampante apparirà che eventuali guerre di religione sarebbero un incauto ed imperdonabile ossimoro nel panorama dell’ateismo.
Gaetano Tufano, Critica della fede, Milano 1914