Il Gesù Christos di Angelo Filipponi

Angelo Filipponi

 

In sintesi questa è la mia risultanza, derivata dalla traduzione accurata di fonti (non solo greca) sulla base di Filone (Opera omnia) e di Flavio (Antichità giudaiche e Bios), della situazione Giudaica durante la vita di Gesù Cristo, un giudeo di Galilea cioè di un uomo, sottoposto per nascita all’ impero romano, direttamente, ma per residenza suddito di Erode Antipa, un filoromano (Cfr A.F., Jehoshua o Jesous?, Maroni 2003).
Può, dunque, in un tale situazione vivere un giudeo che predica di amare il nemico e di dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare ?: un partigiano antiromano non predica, ma uccide, anche proditoriamente: sono altri che predicano, che sono istruiti, che sono profeti, che sono rabbi ed, avendo potere, giudicano e condannano a morte, e il loro anathema maledizione è subito eseguito dalla mano armata zelotica.
Gesù, dunque, è visto non come Dio, ma come uomo di lingua aramaica, giudeo di Galilea , che vive nella realtà storica del suo tempo, svolgendo la professione di Qayin/Kayin, seguendo il padre Giuseppe, un costruttore. Cfr. Premessa a Ma Gesù chi veramente sei stato? E book Narcissus 2013 e cfr. I terapeuti De vita contemplativa E book Narcissus 2015 cfr. Esseni Quod omnis Probus.
I qeniti erano davididi che costruivano, famosi perché vivevano in cooperative, a gruppi, là dove un sovrano richiedeva la loro opera che durava mesi (esempio Filippo per la costruzione di Betsaida , Erode Antipa per quella di Tiberiade) o dove ricchi ebrei costruivano ville per conto proprio o sinagoga per conto della comunità, specie ad Alessandria. Non potevano essere meno di 11 (e tra questi c’erano un macellaio per il cibo casher e un cohen per il canto dei salmi) ed oscillavano per numero: potevano formare squadre da 50, 100, 1000 a seconda della grandezza del lavoro, fino a 18.000 tectones che costruivano il tempio di Gerusalemme, finito solo al 66 d. C. e, che, rimasti inattivi, chiedevano lavoro ad Erode Agrippa II, che fu costretto a concederlo, altrimenti potevano scoppiare rivolte. Lo stesso Pilato si servì dei qeniti, pagandoli con i soldi del tempio per costruire un acquedotto.
Gesù doveva essere un capo e quindi un benestante come tutti i qeniti, una categoria, considerata intermedia tra i sommi sacerdoti e il medio sacerdozio, con un tenore di vita di molto superiore a quello dei leviti e del popolo.
Il mestiere non escludeva una formazione zelotica, naturale per ogni giudeo che, quindi, subiva una vera dipendenza dal pensiero dei Farisei, Esseni e dei Contemplativi alessandrini.
Zelotes greco traduceva kanah aramaico ed indicava un patriota guerrigliero che combatteva e moriva per gli ideali della legge mosaica, essendo un puro integralista, votato alla morte. Cfr. Vita di Mosé III,208. Ciascuno di voi, presa una spada, corra per tutto l’accampamento ed uccida, da ogni parte, non solo gli estranei ma anche i più vicini tra gli amici e parenti, pensando che è azione molto ben fatta, in nome della verità e in onore di Dio, per la cui difesa il lottare e il combattere è fatica molto leggera.
Conoscendo bene la storia ed avendo passato giorni e notti per la decifrazione esatta di autori come Filone e Flavio, non mi sono mai potuto immaginare in Palestina una figura di un personaggio pacifico, mite, moderato, come quella astorica del Gesù dei Vangeli, non corrispondente neanche all’ideale prototipo di esseno comunitario qumranico e neppure al più puro dei terapeuti alessandrini.
Perciò, ho rilevato le caratteristiche reali di un Giudeo galilaico dell’epoca tiberiana come un barbaro, aramaico, integralista, kayin e kanah, che fu acclamato come mashiah dai suoi contribuli. che l’ elessero Maran re, in opposizione a Roma che sola poteva dare quel titolo, perché padrona di quel territorio.
Dunque, Gesù fu crocifisso perché aveva commesso il crimen maiestatis nei confronti di Tiberio e del Senato,i soli che potevano autorizzare il Regnum in Palestina.
Il crimen, collegato all’intitolatura regale in triplice lingua, scritta sulla croce stessa , è spiegato dalla motivazione della morte servile di un ribelle all’imperium: Gesù era uno delle decine di migliaia di crocifissi ad opera dei romani.
Un uomo di tal specie, dunque, non poteva essere un rabbi.
Si diventava rabbi dopo un lungo esercizio psico-fisico e un percorso di studi lungo e serio, in cui si dimostrava la somma capacità di fare ermeneusis dià sumboloon, dopo aver fatto gli studi enciclici (grammatica, geometria, astronomia, retorica, musica, logica) e filosofici, al fine di essere theologos.
Un lunghissimo tempo di studi che si completava non prima dei trenta tre anni: c’erano molte tappe intermedie come quella della verifica dello studio elementare, fatta al tempio, quando il giudeo, ragazzo, raggiungeva tredici anni ed un giorno, da una commissione sacerdotale, che lo definiva figlio del comandamento bar mitzvah , o come quella che chiudeva il ciclo di studi superiori fino a 18 anni fatta sempre davanti ad una commissione sacerdotale, e come quella del ritorno a casa dopo una fase di addestramento nel deserto, presso maestri, per la scelta tra le sette (aireseis) e per l’universale riconoscimento di dottore /scriba.
Di Gesù non si conoscono maestri (Flavio ha Banno, Shaul Gamaliel, ecc.), e si conosce solo una verifica al tempio quella del passaggio alla maturità per la preghiera –Bar Mitzvah – e poi più nulla circa la formazione culturale.
Perciò si può definirlo un teknites o tekton, una specie di operaio, forse specializzato in quanto capo mastro, o architetto, ma sempre un normale qenita di formazione operaia regolare, per un giudeo vivente in Galilea, che, comunque, non ha nemmeno completato gli studi enciclici.
Detto in greco era un banausos, un oikodomos, un muratore –costruttore che sapeva usare ogni mezzo del mestiere.
Su Gesù maran ho dovuto lavorare per decenni per definire esattamente il periodo del suo regno e qualcosa di preciso sono riuscito a determinarlo, dopo la scoperta di un buco storico (cfr. Buco storico www.angelofilipponi.com).
Allo stato attuale queste sono le risultanze.
Alla Pasqua del 32 Gesù ebbe il Malkuth ha shamaim, il regno dei Cieli, come parte della federazione partica, forse solo la Giudea (una parte della Iudaea) sotto il re dei re Artabano III, da cui aveva avuto la corona regale col titolo di maran, ma già era stato riconosciuto universalmente sia in Partia che in Palestina e in Siria Meshiah/Christos, unto del Signore .
Tale regno ebbe una sua nazionalistica autonomia per un quinquennio e su di esso regnò il Maran Mashiah Gesù Cristo che accettò parzialmente la resa delle città galilaiche, samaritane e giudaiche, occupò la Città Santa, prese la guarnigione romana dell’Antonia, purificò il tempio, affidandolo per metà al sacerdozio sadduceo, che funzionava con un calendario lunare, e per metà al sacerdozio essenico, che seguiva il calendario solare.
A seguito dei trattati con il Re di re Artabano, con Areta IV re dei Nabatei e con Izate re di Adiabene (e forse con Asineo satrapo di Mesopotamia), il regno forse si ampliò con la conquista di Samaria e della Galilea ed ebbe una sua stabilità, finché perdurò il disinteresse romano per la Siria e per l ‘Armenia minor, occupate da Artabano III.
Il regno ebbe vita fino all’arrivo di legatus tiberiano Lucio Vitellio, inviato nel 35 d.C., col mandato di ripristinare l’ordine in Siria, e di punire Artabano ed Areta.
Il governatore di Siria si disinteressò del regno di Gesù, convinto di dover affrontare per primo Artabano, suo principale antagonista, sovvertitore dell’area, che, predicando il messianismo aveva congiunto il giudaismo ed aveva potuto perseguire i suoi disegni politici di riconquista della Siria ed avere uno sbocco sul Mediterraneo, progetto da decenni accarezzato dagli Arsacidi, naturali eredi dell‘impero seleucide ed achemenide.
Radunate le sue forze, rimaste a lungo inoperose, fatta una nuova leva, congiunte le 8 legioni romane, avute le truppe ausiliarie dai re limitrofi consociati con l’impero romano, Vitellio attuò i piani di invasione secondo la progettazione di Giulio Cesare, aggiornata da, Augusto e Tiberio stesso , che aveva avuto rapporti diplomatici con i re delle popolazioni caucasiche, Albani ed Iberi, ed altre genti scitiche.
L’invasione iniziava dal nord, dalla zona di Ninive (tra Mosul ed Arbil) ed era fatta dalle popolazioni caucasiche, seguite dalle legioni romane ed ausiliarie, che penetrate nel territorio partico, furono affrontate dal figlio di Artabano, Arsace, erede al trono, con un imponente esercito di 100.000 e con squadroni di cavalleria catafratta.
Artabano fu sconfitto e il figlio morì in combattimento: il re dei re chiese la pace e fece un trattato a Zeugma, un isolotto dell’Eufrate (cfr AFILIPPONI. Giudaismo romano II, Narcissus, 2012)
Il trattato fu stipulato ed Artabano, alla presenza di notabili ebraici come il tetrarca Erode Antipa, s’impegnò a pagare le spese di guerre, diede ostaggi (il figlio Dario e un gigante ebraico di nome Lazar) riconsegnò l’Armenia minor e altre terre ai romani.
L’impresa partica determinò la fine della coalizione antiromana di Izate, di Areta, di Asineo e di Gesù stesso.
Ognuno di questi dovette difendere i propri confini e rendere conto personalmente della guerra perduta contro l’ imperium romano ai propri popoli, ora maggiormente tassati: il più odiato da Tiberio è Areta IV ,di cui l’imperatore chiese espressamente la testa.
Mentre l’esercito avanzava contro Areta, in direzione di Petra, Vitellio deviò verso Gerusalemme e la cinse di assedio intimando o la consegna del maran, di chi cioè era stato fatto re senza autorizzazione romana, o la distruzione della città.
In Gerusalemme il partito filoromano-consapevole degli eccidi successivi la capitolazione della città sperimentati già due volte- riprese il sopravvento e il nuovo sinedrio decise la resa, l’arresto del Christos , la paradosis consegna ufficiale del Meshiah , che venne fustigato e crocifisso come un ribelle all’imperatore Tiberio.
La Pasqua fu celebrata da una folla festante,come una liberazione, alla presenza dei romani vincitori e dello stesso Vitellio nel 36 d.C. (cfr. Giudaismo romano II e commento Antichità Giudaiche XVIII,95-105). Su Gesù Christos Messia rimando a Jehoshua o Jesous? e alle connotazioni proprie di tale figura militare e sacerdotale rilevate in molti momenti del mio lavoro su Filone (Vita di Mosé , De somniis ecc) e su Flavio ( Antichità giudaiche, XVIII).
Dunque, penso di aver illustrato, seppure sommariamente, il mio pensiero reale su Gesù storico e di aver fatto una qualche luce per un laico.

Tratto dal Blog di Angelo Filipponi: http://www.angelofilipponi.com/html/842.php

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