Di Ivano Rho
Nel 313, l’imperatore Costantino concesse ai cristiani libertà di culto e già l’anno successivo questi decretarono la scomunica per i soldati che disertavano. Chi gettava le armi fu considerato fuorilegge. Prima di allora valeva l’opposto. Non più cristiani pacifisti ma ecclesiali cappellani militari. Non più cristiani obiettori di coscienza uccisi ma combattenti cristiani che uccidono. Improvvisamente la Chiesa divenne bellicista. Dapprincipio, il precetto fu quello di scannare i cosidetti “pagani”. Poi, fu considerato caro a Dio ogni eccidio con cui – i buoni e i giusti – insegnavano ai malvagi, a fil di spada, ad amare i nemici. Per amor della buona causa fu consentito usare maniere un po’ più forti del solito, specialmente in quelle guerre che si dichiararono non solo giuste, ma altresì “sante”. A questo punto i buoni poterono ammazzare con tranquilla coscienza: il comandamento divino “non uccidere” era ormai definitivamente svuotato. Fu S. Agostino a determinare la legittimità di uccidere elaborando la fatale distinzione tra guerre giuste e inique. Il sant’uomo perseguì la conversione coatta dei credenti in altre fedi, imponendo la confisca dei beni e l’ostracismo dei dissenzienti e permettendo la tortura definendola leggera a paragone dell’eternità all’inferno (chi punisce più duramente dimostra più grande amore), e sostenne la “giusta guerra” quale via per la pace. Verità ed errore non possono nè debbono conciliarsi – pensa il grande santo – quindi tutto ciò che, per il clero, non è vero, va estirpato alle radici. E così fu.
Ivano Rho